In questi giorni i giornali parlano di un consulente finanziario attivo anche nella zona in cui opero, accusato di aver truffato i clienti per milioni di euro. Notizie che fanno male due volte: a chi ha perso i risparmi e a chi, come me, fa questo mestiere con passione e vocazione, e vede infangata tutta la categoria.
Io questo lavoro l’ho scelto non per opportunismo, ma per vocazione.
Appartengo alla categoria dei lavoratori autonomi e come tale mi assumo ogni giorno il rischio di fare impresa.
È una scelta che comporta responsabilità, sacrifici, notti insonni, ma anche soddisfazioni. Per questo, quando qualcuno rovina tutto con scorciatoie e disonestà, il danno non è solo economico per le persone coinvolte: è anche reputazionale per chi, come me, ci mette la faccia e lavora in maniera trasparente.
Apparenza e sostanza
Ammettiamolo: nel settore in cui opero c’è spesso il mito del consulente brillante, inserito nelle giuste cerchie, sempre sorridente e dall’elevato tenore di vita. Nulla di male, se dietro c’è sostanza.
Ma non è l’apparenza che deve guidare la scelta di un consulente.
Un mio collega, molto più saggio ed esperto di me lo diceva con una battuta perfetta: “ci sono consulenti che non sanno distinguere un BOT da un cane lupo”.
Eppure riescono a farsi percepire come grandi esperti, quando la realtà è molto diversa.
Dall’altra parte ci sono professionisti meno scintillanti, più sobri, forse commercialmente un po’ “spenti”, ma che trattano i soldi dei clienti con rispetto assoluto.
E questo, alla lunga, vale molto di più.
Amicizia o professionalità?
Nell’articolo di cronaca (clicca qui per leggerlo) si racconta addirittura che il consulente
accompagnava i clienti alla chemioterapia, diventando “uno di famiglia”.
Io no.
Alcuni miei clienti sono amici, ma lo erano già molto prima che diventassero clienti.
Con gli altri il rapporto è di fiducia, certo, ma resta professionale.
Non è amicizia: è lavoro.
Io offro un servizio, e il cliente paga per questo servizio.
Ma ci sono solo due cose più costose del mio servizio: quello di una persona non preparata, che può fare danni irreparabili, e quello di una persona disonesta, che i soldi li fa sparire.
Ecco perché un consulente che mantiene la giusta distanza non è freddo. È serio.
Non si spaccia per “uno di famiglia”, non confonde i ruoli e non cerca di sostituirsi a un parente o a un confessore.
La sua forza sta proprio in questa lucidità.
Il cliente: spettatore del lavoro del consulente o protagonista
della sua pianificazione patrimoniale?
Un altro aspetto: ho sentito spesso dire che meno i clienti sanno e più sono facili da gestire.
Io penso il contrario.
Quando un cliente mi dice: “Fai tu che sai, io non capisco niente”, mi preoccupo.
Perché i soldi sono i suoi, non i miei. Il mio ruolo è guidare, spiegare, educare, ma la responsabilità finale resta del cliente. E un cliente consapevole, con un minimo di competenze, rende il lavoro molto più sano, trasparente ed efficace.
Diciamolo chiaramente: sbagliare fa parte del nostro lavoro. La sfera di cristallo non ce l’ha nessuno.
Chi promette certezze, mente.
Ma proprio perché non confondo il cliente con un amico o un parente, posso mantenere la freddezza
necessaria per gestire i suoi soldi al meglio. Posso essere razionale, obiettivo, senza farmi condizionare dall’emotività. Perché non sono i miei soldi, sono i suoi. E questo, paradossalmente, è ciò che mi permette di rispettarli davvero.
A cosa fare attenzione quando si sceglie un consulente
Allora, cosa deve guardare un cliente per capire se è in buone mani?
Alcuni punti fermi:
1. Canali ufficiali e tracciabili – Mai investimenti “fuori banca”, mai firme alla leggera.
2. Rendiconti chiari – Devono essere verificabili in autonomia dal cliente, non fogli “fatti in casa”.
3. Mandato riconosciuto – Il consulente lavora sotto un ente vigilato, con regole e responsabilità precise.
4. Educazione e spiegazione – Se non vi spiega, se vi lascia nel vago, è un cattivo segnale.
5. Rispetto del cliente – Non siete un “portafoglio”, siete una persona con i vostri obiettivi.
Concludendo, questo articolo non è un attacco a chi ha tradito la fiducia dei propri clienti. Quello è compito della giustizia.
Questa è una difesa. La difesa di tutti quei consulenti che ogni giorno lavorano con trasparenza, professionalità e rispetto, e che non devono essere confusi con chi ha scelto la scorciatoia della disonestà.
Perché la vera differenza non la fa un consulente che non vi promette amicizia, ma uno che vi garantisce competenza e integrità.