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Rappresentazione visiva dell'articolo: Lo Stato assistenziale non c'è più

Certe trasformazioni non avvengono in un giorno. Si manifestano lentamente, silenziosamente, fino a quando ci accorgiamo – spesso troppo tardi – che ciò che davamo per scontato, semplicemente, non esiste più.

La protezione pubblica per chi attraversa un momento di fragilità è una di queste certezze perdute.

Non serve uno studio accademico per rendersene conto: basta ascoltare con attenzione. Basta scambiare due parole con un conoscente, sedersi in un bar, osservare. Ogni giorno, frammenti di una realtà ormai sotto gli occhi di tutti si intrecciano nel vissuto delle persone: genitori anziani non autosufficienti, figli che rinunciano a ferie o lavoro per accudirli, cittadini che si scontrano con un sistema fatto più di limiti che di risposte.

Lo Stato assistenziale, per come lo abbiamo conosciuto o immaginato, è oggi un’architettura svuotata, affidata più al ricordo che alla sostanza.


La tutela pubblica: tra teoria e realtà

Per definizione, il Welfare dovrebbe garantire sostegno a chi si trova in condizioni di oggettiva difficoltà, sia in forma economica che attraverso servizi alla persona. Tuttavia, nella pratica, queste garanzie si rivelano spesso insufficienti o addirittura inesistenti.

Sul piano economico, le prestazioni assistenziali riservate agli invalidi civili – ovvero coloro che non hanno contributi sufficienti a costruire un diritto previdenziale – si traducono oggi in un assegno di poco più di 300 euro al mese. Una somma che, oltre a risultare simbolica, è vincolata da requisiti reddituali stringenti, tanto da escludere paradossalmente chi possiede un modesto appartamento in affitto o un piccolo risparmio.

E se invece l’invalido ha versato contributi durante la sua carriera? Le prestazioni previdenziali in tal caso vengono parametrate sulla storia contributiva. Ma anche qui, i numeri raccontano una storia allarmante: un lavoratore autonomo di mezza età che subisca un evento invalidante si vede riconoscere – nella migliore delle ipotesi – una pensione che rappresenta un quarto del proprio ultimo reddito.


L’illusione dei servizi pubblici

Ma non è tutto. Il secondo pilastro dell’assistenza – quello dei servizi socio-sanitari – appare ancora più fragile. Strutture pubbliche per anziani, servizi diurni, assistenza domiciliare: in teoria strumenti pensati per garantire dignità e qualità della vita. Nella realtà, numeri impietosi.

Secondo una ricerca condotta dall’Università Bocconi:

Solo il 22% degli aventi diritto riceve assistenza domiciliare integrata;

Il 7% accede a strutture residenziali;

Appena lo 0,5% usufruisce dei servizi semi-residenziali.

Il resto? Semplicemente escluso. E con esso, milioni di famiglie italiane costrette a reinventarsi badanti, infermieri, amministratori.


Una società che invecchia. E un sistema che non regge.

I dati demografici più recenti sono eloquenti: l’Italia è un Paese in cui gli over 65 sono ormai il doppio degli under 15. Un trend destinato a consolidarsi nei prossimi anni. E con esso, crescerà inevitabilmente la pressione su un sistema che oggi già mostra segni di cedimento strutturale.

In un futuro prossimo – forse più vicino di quanto immaginiamo – le risorse pubbliche disponibili per assistere i più fragili saranno ancora meno. Continuare a confidare in un sistema che si regge sempre più sulla buona volontà di pochi e sulla fortuna personale, è una forma di ingenuità che non possiamo più permetterci.


Il dovere della consapevolezza

È su questa consapevolezza che si costruisce la vera previdenza: non solo quella economica, ma quella culturale, valoriale, personale.

In un contesto dove le certezze collettive arretrano, occorre riprendere in mano il governo della propria serenità futura. Esistono strumenti, strategie, soluzioni pensate proprio per garantire protezione in scenari complessi, che evolvono con rapidità. Ma vanno conosciuti, scelti e pianificati con rigore.

E qui entra in gioco il mio ruolo.

Non offro ricette facili, né illusioni. Ma un metodo solido, su misura, fondato sull’ascolto, sull’analisi e sulla costruzione consapevole di un percorso di tutela. Perché affrontare un cambiamento epocale con strumenti approssimativi sarebbe il vero lusso che non possiamo permetterci.

Se ti riconosci in queste parole, allora siamo pronti a parlarne.

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