Quante volte ti è capitato di dare un’occhiata al tuo portafoglio di investimenti, scorrere i rendimenti, valutare cosa sta funzionando e cosa no?
È un gesto naturale: metti da parte, rinunci al presente per costruire un futuro. E giustamente ti aspetti che ogni euro investito lavori per te.
Ma c’è un investimento, silenzioso ma imponente, che spesso dimentichiamo di monitorare: i contributi obbligatori che versi ogni anno all’INPS.
E allora ti faccio una domanda diretta:
hai idea di quanto rendano questi contributi previdenziali?
Perché – forse non ci hai mai fatto caso – si tratta di cifre importanti.
Se sei un dipendente, per ogni 100 euro lordi che guadagni, circa 33 finiscono all’INPS.
Se sei un autonomo, artigiano o professionista, la quota si aggira intorno al 25%.
In pratica, fino a un terzo del tuo reddito viene accantonato per la tua futura pensione.
Ma accantonato… dove? E con quale rendimento?
La realtà è che quei soldi non vengono investiti in strumenti finanziari per farli fruttare nel tempo.
Vengono usati subito. Servono a pagare le pensioni di chi è già uscito dal mondo del lavoro.
È il principio del sistema a ripartizione: tu versi oggi, e quando arriverà il tuo momento saranno altri a versare per te.
I contributi finiscono in un salvadanaio “virtuale”. Non c’è capitalizzazione, non c’è rendimento reale.
C’è solo una rivalutazione definita per legge, legata all’andamento del PIL italiano.
E qui arriva la parte dolente:
negli ultimi 15 anni, il rendimento medio riconosciuto dall’INPS sui contributi è stato dell’1,2% annuo.
A fronte di un’inflazione che, nello stesso periodo, ha viaggiato attorno al 2%.
Tradotto: il rendimento reale è negativo.
In altre parole, il tuo potere d’acquisto si riduce, anno dopo anno.
E no, purtroppo non puoi fare “switch di portafoglio”. I contributi sono obbligatori e non puoi destinarli altrove.
Ma questo non significa che tu sia condannato all’immobilismo.
C’è una via d’uscita. E parte dalla consapevolezza.
Il primo passo è capire che quei contributi, da soli, non saranno sufficienti a garantirti la pensione che desideri.
Il secondo passo è decidere di integrare. Volontariamente, ma strategicamente.
Destinare ogni anno una quota dei tuoi risparmi a un piano pensionistico dedicato – magari attraverso un fondo pensione ben strutturato – può fare la differenza.
E non solo perché accantoni qualcosa in più, ma soprattutto per come lo investi.
Facciamo un confronto semplice.
Negli ultimi 10 anni:Il mercato obbligazionario ha reso poco più dell’1% annuo.
Il mercato azionario globale ha reso circa il 4,5% annuo.
Mettiamo di destinare 3.000 euro all’anno per 30 anni:
Con un rendimento dell’1,2%, ottieni circa 107.000 euro.
Con un rendimento del 4,5%, ottieni circa 183.000 euro.
Il 70% in più, senza versare un euro in più.
Solo grazie alla scelta dello strumento giusto. E alla decisione di iniziare per tempo.
E adesso?
Ora che conosci questi numeri, hai tre opzioni:
Fare finta di nulla e sperare che qualcosa cambi da sé.
Preoccuparti, ma restare fermo.
Agire. Con metodo. Con visione. E con un alleato al tuo fianco.
Io sono qui per questo.
Lavoro da anni sulla previdenza privata e so quanto sia importante affiancare alle regole del sistema pubblico una strategia personale su misura.
Perché se è vero che non possiamo cambiare il meccanismo dell’INPS, è altrettanto vero che possiamo compensarne i limiti con scelte intelligenti e lungimiranti.
Ecco perché ti invito a parlarne con me.
Non per venderti un prodotto, ma per costruire insieme una strada che ti porti esattamente dove vuoi arrivare: a una pensione all’altezza della vita che desideri.
Perché il futuro non va improvvisato. Va progettato.